di F.F., #Atletica
Nonostante ai recenti giochi di Tokyo 2021 si sia piazzata al secondo posto del medagliere di specialità con cinque medaglie d’oro (e che medaglie!): Marcell Jacobs sui 100 metri, Gianmarco Tamberi nel salto in alto, Antonella Palmisano e Massimo Stano nella 20 km di marcia, e la 4×100 maschile, un trionfo simile nella velocità non si vedeva dai tempi della Giamaica di Usain Bolt, per il Barone Sebastian Coe la cosa non è sufficiente.
A Coe non importano nemmeno il secondo posto nella Coppa Europa o il trionfo nel medagliere degli Europei Under 23, così dopo l’indecente esclusione di Jacobs e Tamberi dai dieci nominati per il titolo di atleta dell’anno, l’ex Iaaf agli ordini del Coe un tempo straordinario mezzofondista e oggi lillipuziano della politica sportiva, ha deciso che l’Italia non è degna di essere inserita tra le sei nazioni degne di concorrere al Member Federations Award, riconoscimento che viene assegnato alla migliore federazione affiliata all’organizzazione, presieduta da Lord Sebastian Newbold Coe, barone Coe di Ranmore, i cui titoli commentano da soli l’involuzione umana del personaggio.
Coe aveva già avuto l’impudenza di commentare una sentenza della Giustizia italiana, quella del Gip di Bolzano, Walter Pelino che aveva disposto l’archiviazione delle accuse di doping mosse contro Alex Schwazer “per non aver commesso il fatto”, ordinando all’Italia di “non mettersi dalla parte sbagliata della storia” [sic] diktat che si vedrebbe bene in bocca a Putin più che a un dirigente sportivo, ignorando le conclusioni messe nero su bianco dal giudice che ritenevano “accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer l’1 gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi”. E ora l’ennesimo sgarbo.
L’Italia paga pegno dopo averle suonato al Regno Unito in tutte le competizioni che contano. E l’invidia, si sa, è una brutta bestia.
(21 novembre 2021)
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